LETTERA APERTA DEI LAVORATORI
Le sempre più difficili condizioni di lavoro e la lentezza della Giustizia ci inducono, soprattutto in qualità di lavoratrici e lavoratori degli uffici giudiziari, a scrivere queste poche note sulla situazione della Giustizia italiana e dei luoghi ove essa si amministra.
In primo luogo rivolgiamo un invito pressante a tutta la classe politica, a prescindere dai colori, di prendere atto che di questo passo il sistema è destinato a collassare entro brevissimo tempo…sia per la mancanza di risorse adeguate che per gli strumenti necessari.
Dal 2000 ad oggi, a seguito di note riforme (tutte a costo zero), il carico di lavoro complessivo, per numero di procedimenti iscritti e provvedimenti emessi, è aumentato del 40% circa; nello stesso periodo, mentre il numero dei magistrati aumentava, gli organici del personale amministrativo colavano a picco: si è passati dalle circa 51.200 unità del 1999 alle circa 40.700 unità d’oggi!!!
Il risultato è che ogni lavoratore si trova a dover gestire un carico di lavoro cresciuto del 75%, utilizzando mezzi e strumenti, anche informatici, sempre più inadeguati e scarsi.
Non si stupisca, allora, il cittadino se i tempi della Giustizia sono lentissimi e che, al danno patito per la durata biblica di una causa, segua la ineluttabile beffa di non vedere eseguita la sentenza…per mancanza di personale amministrativo.
Questi risultati perversi si ottengono perché il servizio “giustizia”, ormai, è visto come un costo sul quale tagliare e non già come una risorsa per la collettività sulla quale investire.
Peraltro non ci ha mai convinto il fatto che i nostri governanti abbiano dedicato particolare cura nel razionalizzare costi e ricavi; infatti costoro mentre si arrabattano per racimolare qualche centesimo da destinare alla Giustizia non s’avvedono d’essere comodamente seduti su un forziere pieno d’oro…che non sanno aprire: le stime ufficiali dicono che i crediti vantati dallo Stato, a seguito delle sentenze di condanna con pene pecuniarie e simili, si aggirano intorno ad oltre due miliardi di euro.
Verrebbe da chiedere ai governanti che si sono succeduti nel tempo come mai non abbiano consentito l’assunzione di nuovo personale per svolgere un servizio di cancelleria così redditizio ma anche e, soprattutto, per evitare che i crediti erariali si prescrivano con il decorso del tempo.
Viene da pensare che tutto ciò sembra essere una condizione creata ad arte per giustificare la consegna ai privati di pezzi sempre più consistenti del servizio giustizia, sebbene sia dimostrato che questo tipo di privatizzazione ha costi per la collettività più che raddoppiati.
In tutto questo marasma il personale giudiziario, benché additato da più parti come fannullone assenteista e improduttivo, si arrabatta e riesce a dare al cittadino, malgrado tutto, un servizio dignitoso.
Ci venga permesso dire: ma a che prezzo? Il conto è presto fatto:
· lo stress da lavoro è tra i più alti nella pubblica amministrazione e, anche volendo tacere sul mobbing, sono sempre più frequenti i casi di malattie di carattere psico-somatico che comportano ricoveri in ospedale.
· Il lavoratore giudiziario, oltre a sopportare un’assurda flessibilità di mansioni imposta dal vigente ordinamento professionale, è spesso sfruttato in compiti superiori a quelli per cui è stato assunto e retribuito. Questo perchè la necessità di assicurare il servizio non tiene conto della cronica carenza di personale.
· Oltre a questo particolare aspetto, che definiamo vero e proprio lavoro-nero, denunciamo in modo fermo il fatto che i lavoratori giudiziari sono fortemente demotivati e delusi in quanto, oltre a dover assistere impotenti allo sfascio della Giustizia, non hanno avuto la benché minima speranza di migliorare la propria condizione anche attraverso un sacrosanto avanzamento di carriera. Ricordiamo a tutti che è dal lontano 1998 che aspettiamo la c.d. “riqualificazione”. E, su questo tema, molte promesse e molte chiacchiere sono state fatte da: governanti, rappresentanti emeriti di sindacati, ministri, parlamentari; senza mai concludere nulla.
Quanto è emerso finora è sufficiente per farci esclamare: BASTA!
Parlando con il comune cittadino ci viene naturale raccontare, con sdegno, che occorrono venti stipendi medi di un lavoratore della giustizia per uno da parlamentare, ottanta per quello di un ministro, quasi seimila per quello del Presidente di Confindustria..e ci fermeremmo qui se non fosse che:
Per far funzionare la traballante macchina giudiziaria, il lavoratore viene obbligato, oltre a tutto il resto, a fare attività straordinaria. Purtroppo il costante taglio dei fondi a partire dal 1994 comporta che solo il 20% degli straordinari è retribuito; mentre per il restante 80% il dipendente, suo malgrado, è costretto, nei fatti, a fruire del c.d. riposo compensativo.
Oltre al danno la beffa visto che questo meccanismo non determina alcun versamento a titolo di ritenuta previdenziale. In una parola, meno soldi nella pensione del lavoratore; a conti fatti inferiore di quasi un 10%.
Le risorse per la gestione quotidiana del servizio Giustizia sono passate, dati alla mano, dal 2002 al 2006 da 343.203.787 a 167.411.177 euro quindi diminuite del 51%.
Il ministero della Giustizia ha debiti consolidati che superano i 250 milioni di euro; per cui non ci sono soldi né per le cose indispensabili (carta, toner, penne) né per la manutenzione degli uffici giudiziari; quindi la maggior parte dei lavoratori è costretto ad operare in edifici fatiscenti, fuorilegge e insalubri.
Secondo i dati della Ragioneria generale dello stato il Ministero della Giustizia è quello che nel 2005 ha realizzato i maggiori risparmi nel settore delle retribuzioni con un calo complessivo del 9%, chiaramente il peso è caduto tutto sulle spalle dei lavoratori (che bello! hanno trovato la quadratura del cerchio ribaltando il famoso slogan degli anni 60: ora, infatti, si guadagna di meno si lavora in pochi e ognuno produce per due).
E’ giunta l’ora che i lavoratori giudiziari - definiti da taluni assenteisti, un po’ fannulloni ed improduttivi da altri, invece, stacanovisti, fedeli servitori dello Stato, al servizio sempre del cittadino e comunque gli italiani li vogliano descrivere - ESCLAMINO INDIGNATI:
Non ne possiamo più
le cose non possono andare avanti così! Se qualcuno, e ci riferiamo ad alcuni poteri politici ed economici, pensa di affondare la giustizia italiana per perseguire propri fini troverà nei lavoratori e, crediamo, nei cittadini, la più ferma opposizione.
Mentre in questi giorni imperversa la campagna elettorale con il gioco delle coalizioni e degli schieramenti elettorali,
AL GOVERNO CHE VERRA’ DICIAMO FIN D’ORA:
- non sono più rinviabili investimenti per il potenziamento delle risorse umane e strumentali;
- il lavoratore deve essere messo nella condizione di dare un servizio giustizia snello, rapido ed efficace, nell’interesse di tutto il paese;
- il sacrosanto diritto alla carriera deve essere immediatamente riconosciuto.
E DA SUBITO CHIEDIAMO…
- assunzioni di personale secondo i reali bisogni del sistema giudiziario!;
- strutture adeguate;
- stop ai fatiscenti ed indecorosi locali, non degni di un paese civile!;
- riqualificazione immediata per tutti i lavoratori giudiziari;
- retribuzioni adeguate al costo della vita e agli standard europei;
- perequazione dell’indennità di amministrazione per tutti i dipendenti del Ministero della Giustizia, soprattutto per evitare le attuali ingiustificate disparità di trattamento in materia previdenziale!;
- internalizzazione dei servizi abbattendo così i costi!
La RdB P.I. a sostegno delle rivendicazioni di cui sopra metterà in campo nei prossimi giorni iniziative e manifestazioni invitando i Lavoratori, le RSU, i Cittadini, le Associazioni e i Politici ad intervenire: per una Giustizia celere ed efficiente al servizio della collettività; per il diritto dei lavoratori alla dignità - alla carriera – a salari adeguati.
E’ bene si sappia: i lavoratori giudiziari non sono più disposti: a tollerare che sulle loro pelle si facciano riforme a costo zero, né ad assistere impotenti al lento dissolvimento della Giustizia.