Nuove assunzioni art. 252 decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020.
USB P.I. Giustizia scrive al Ministro Bonafede.
Caro Ministro,
abbiamo letto con sconcerto, rabbia e amarezza l’art. 252 del decreto legge denominato “rilancio”.
Duole constatare come senza soluzione di continuità, in assenza di un ampio progetto sulle politiche del personale e, non solo, si corra ai ripari mettendo una toppa su di un tessuto ampiamente lacerato.
Fermo restando che qui non si polemizza sull’esigenza di assunzioni massicce, da tempo la USB P.I. - Giustizia incalza l’amministrazione sull’improcrastinabilità di procedere ad un sostanziale quanto sostanzioso ricambio generazionale, ma sul merito e sul metodo usato.
Nel decreto legge si prevedono procedure semplificate e si richiedono titoli al limite dell’incostituzionalità.
Sconcerta che si pretendano requisiti di gran lunga superiori ai titoli previsti per partecipare al concorso in magistratura.
Per i magistrati tra gli altri è richiesta la semplice abilitazione all’esercizio della professione forense, mentre per i partecipanti di cui all’art. 252 occorre essere iscritto all’albo professionale degli avvocati per almeno cinque anni consecutivi.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: il Ministero pretende di assumere tanti Pico della Mirandola per farne cosa?
Forse per mortificarli, demansionarli, sfruttarli, bloccarli nella carriera come già avvenuto per migliaia di lavoratrici e lavoratori della giustizia?
Oppure per metterli al soldo dei magistrati in attività di ricerca e di studio?
Se così fosse, tornerebbe alla ribalta in maniera prepotente “l’ufficio del processo” tanto caro ai magistrati e a quella parte sindacale che continua a svendere i lavoratori con il miraggio di una carriera brillante.
Scoperto l’arcano si può comprendere meglio a cosa servano tutti quei titoli: ad agevolare ed alleggerire il lavoro dei magistrati, i quali potranno consegnare le loro belle statistiche utili alla carriera con buona pace del servizio giustizia.
Volete creare nuovi schiavi al servizio del magistrato, persone plurititolate che per “un piatto di lenticchie” vengono utilizzate per lavori di alta specializzazione, fianco a fianco di coloro che guadagnano almeno quattro volte di più.
Consta però che la vera emergenza siano i fascicoli, accatastati in attesa di essere messi in esecuzione dal personale amministrativo mai come ora così esageratamente ai minimi storici nella sua pianta organica.
Pertanto se i nostri dubbi, sul reale utilizzo di quel personale, dovessero tramutarsi in certezza, questa cosa è una vera e propria nefandezza.
Fa rabbia constatare il trattamento riservato al personale in servizio: superficialità, sufficienza mista a disprezzo, lavoratori spremuti come limoni e poi buttati via.
Nessun rispetto per la categoria, nessun riconoscimento per l’alta professionalità dimostrata, per gli anni di abnegazione, nulla di nulla. Eppure questo decreto “rilancio” poteva e doveva essere l’occasione buona per inserire una norma capace di coniugare l’esigenza di assumere personale con la necessità di riconoscere il diritto alla carriera da anni promesso e mai realizzato da questa amministrazione.
Tutto il personale della giustizia inserito nei profili professionali sia amministrativi che tecnici, dalla prima alla terza area, aspetta da anni che il Ministro di turno comprenda le ragioni del malcontento e si adoperi per soddisfare questi bisogni.
Siccome non è mai troppo tardi caro Ministro potrebbe essere per lei un vanto, se l’obbrobrio partorito, in sede di conversione fosse modificato e finalmente fosse aggiunto il riconoscimento per il personale in servizio.
Si prova insomma amarezza nel constatare come con l’art. 252, oltre a calpestare i diritti costituzionali, scoraggi i giovani, annientando le loro speranze e neutralizzando i loro sogni.
Per partecipare ad un concorso di area seconda è sufficiente il diploma di scuola media superiore, per l’area terza occorre essere in possesso del diploma di laurea, richiedere altri titoli è un sopruso ed un abuso, così come è un sopruso ed un abuso non prevedere che il cinquanta per cento dei posti andrebbe riservato agli interni.
In uno Stato di diritto, tutti coloro che sono in possesso del titolo di studio corrispondente, fatto salve le riserve interne, devono essere messi in condizione di partecipare al concorso.
Spetta a lei Ministro in sede di conversione ripristinare la legalità e la trasparenza, sicuramente tutto il personale e tutti i giovani oggi disorientati da cotanto azzardo sapranno esserle riconoscenti.
Trasparenza Ministro perché, ad un primo esame, i requisiti richiesti sembrano essere stati cuciti su misura per qualcuno e si sa che, “a pensare male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca”.
La USB P.I. - Giustizia si opporrà con tutte le proprie forze e si adopererà perché in sede di conversione cambino le cose poiché l’art. 252, così come congeniato, grida vendetta sotto tutti i punti di vista analizzati.
Senza voler crocifiggere nessuno, in questo contesto torna prepotente quanto da anni questa Organizzazione Sindacale denuncia: il Ministero della Giustizia è saldamente nelle mani dei magistrati, i quali tengono ben strette le redini del potere e non sono disposti a cedere neanche le briciole, meno che mai la Direzione Generale del Personale e della Formazione la quale spetterebbe per competenze ad un amministrativo che ha studiato per ricoprire questo ruolo.
Questo strapotere, è stato avallato e sponsorizzato molto spesso anche da alcuni sindacati che vedevano e vedono di buon occhio “l’ufficio del processo” ed hanno attraverso i CCNI strizzato gli occhi in maniera palese ai magistrati, così creando una categoria di schiavetti al loro servizio, prona alle loro esigenze.
Orari di lavoro, mansioni, profili tutto è stato calibrato sulle loro esigenze piuttosto che sulle necessità della collettività, e soprattutto mai un vero contratto per i lavoratori, relegandoli ad un ruolo marginale come appendice ai desiderata della magistratura.
A questo punto è d’obbligo recuperare l’autonomia del ruolo del personale, restituendo dignità alla categoria e riaffermando ciò che da tempo non c’è più: il ruolo “terzo” del personale della giustizia rispetto alle parti del processo.
Infatti il personale giudiziario ha il compito di collaborare con l’attività giurisdizionale, deve poter svolgere la propria attività in autonomia, ma soprattutto deve dare attuazione ai provvedimenti del giudice; il semplice deposito in cancelleria del provvedimento non produce i suoi effetti fino a quando la stessa non provvede a metterlo in esecuzione.
Ci piace ricordare che il cancelliere è il custode e responsabile dei fascicoli, di quei fascicoli che con tanta leggerezza vengono portati a casa dai magistrati senza neanche avvertire. Ci piace ricordare che la chiamata in udienza, la cui importanza in passato era notoria a tutti, non può essere derubricata ad una megafonata.
La funzione del cancelliere in udienza è quella notarile: certificare in piena autonomia che il processo si è svolto con imparzialità e correttezza.
Questo è quanto la legge ed i regolamenti attribuiscono al cancelliere nelle aule, non quello di scribacchino, cui da tempo sono stati relegati dalla magistratura attraverso la dettatura del verbale: il personale giudiziario non è una comparsa, meno che mai un orpello da liquidare come un fastidio.
La USB P.I. - Giustizia da anni, in piena solitudine, ribadisce l’importanza di dare dignità e centralità al personale giudiziario, restituendo allo stesso il ruolo da comprimario a cui questa amministrazione da anni denega e svilisce il ruolo riducendolo esclusivamente a mero esecutore materiale dei desiderata dei magistrati e sfruttandolo in attività giurisdizionali di sola esclusiva competenza dei giudici.
Quel che è peggio questo Ministero continua a sottoscrivere accordi e impegni che risultano inesigibili agli stessi firmatari, tranne che per le parti di interesse della stessa amministrazione.
Ministro porre un freno a questo strapotere è diventato un obbligo e Lei è l’unico titolato a farlo.
Lei passerebbe alla storia per essere stato, negli ultimi decenni, l’unico a sottoscrivere un CCNI dei lavoratori della giustizia capace di soddisfare i bisogni della categoria, dando così un taglio alle ingiustizie perpetrate negli anni nei confronti del personale giudiziario.
Faccia in modo che i vecchi e i nuovi assunti sentano l’orgoglio di appartenere a questo Ministero, e siano fieri di essere al servizio della collettività: solo allora giustizia sarà fatta.
Ministro ristabilisca infine gli equilibri all’interno di questo Dicastero; quanto appreso dai media sui giochi di Palazzo e di potere ha rivelato misfatti che non avremmo mai voluto sentire, ha gettato ombre che vanno affrontate e risolte.
La USB P.I. - Giustizia, fermo restando la propria posizione garantista, pur riaffermando il principio che l’indipendenza del giudice è una garanzia per il cittadino, prima ancora che per il giudice stesso, chiede un suo intervento deciso e fermo.
Le forze in campo devono impegnarsi a che la Giustizia funzioni al meglio: è inaccettabile che chi occupa gli alti vertici del Ministero o ha ruoli da comprimari, si perda nei giochini di palazzo o peggio negli equilibri di corrente.
E’ in gioco la tenuta democratica del paese.
I lavoratori, i giovani, alle prese con i problemi che affliggono il paese assistono attoniti alla bufera che attraversa il nostro Ministero, questo non lo possiamo e dobbiamo permettere.
La USB P.I. - Giustizia oggi interpreta la voce dei lavoratori, la loro frustrazione, il loro disagio per essere, spesso, trattati con la sufficienza con cui si sposta un mobile senza neanche preavvertirli dello spostamento.
Interpreta le ragioni delle migliaia di giovani che avevano posto le speranze di poter partecipare ai concorsi da tempo pubblicizzati dall’amministrazione della giustizia e che di colpo vedono spazzate via le loro aspettative e i loro sogni.
La USB P.I. - Giustizia rivendica il primato dei diritti e della dignità delle persone su tutto il resto.
I principi fondamentali delle costituzione e i diritti fondamentali delle persone sono costitutivi della democrazia, per questo intende combattere lo spirito del tempo che viviamo, in cui le ragioni del potere spesso prevalgono sulle ragioni delle persone, non ci può essere dialogo tra le cose, deve esserci dialogo tra le persone.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 1146 del 29 dicembre 1998 ha affermato che ci sono principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale, neppure da leggi di revisione costituzionale, sicché la loro modificazione comporterebbe una trasformazione rivoluzionaria dello Stato. Questi principi supremi riguardano in particolare i diritti fondamentali della persona umana.
Queste le ragioni per cui la USB P.I. - Giustizia non si rassegna, queste le ragioni per le quali questa Organizzazione Sindacale le chiede un immediato incontro propedeutico ad un suo intervento per la modifica, in sede di riconversione, del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020.
In attesa di un suo sollecito riscontro porgiamo distinti saluti.