SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE DELLE FUNZIONI CENTRALI DOMANI ALL’ARAN PROSEGUE IL CONFRONTO IN COMMISSIONE
Con la riunione di domani, 22 ottobre, speriamo si entri finalmente nel vivo del confronto finalizzato alla revisione dei sistemi di classificazione del Comparto Funzioni Centrali, affrontando i problemi in modo diretto e senza troppi giri di parole.
Nell’incontro del 26 settembre la delegazione della USB ha rinnovato la proposta di costituire un’area unica nella quale far confluire i lavoratori oggi collocati nelle tre distinte aree I-II-III (A-B-C) per favorire la crescita professionale di tutti e risolvere il problema del mansionismo. Non si vuole comprimere od appiattire i diversi livelli economici, come qualcuno racconta per contrastare la proposta, ma si cerca di ovviare agli attuali vincoli normativi, che impediscono a molti lavoratori di vedere riconosciuta la propria professionalità. Oggi un diplomato della II area (area B) non può partecipare alle selezioni per l’area III (area C) e la percentuale di posti da mettere a bando è vincolata a precise prescrizioni normative. O si rimuovono quegli ostacoli oppure si concorda un nuovo, coraggioso sistema di classificazione come propone la USB.
Dopo aver vinto un concorso pubblico ed essere entrati nei ruoli dell’amministrazione, perché si deve essere esclusi dai percorsi di carriera sulla base del titolo di studio? Non dovrebbe prevalere la valutazione della professionalità acquisita? Ovviamente i punteggi assegnati ai titoli di studio premieranno il possesso della laurea, di specializzazioni e master, ma questo non significa che si debba impedire agli altri lavoratori di partecipare ai bandi.
La proposta della USB prevede un’area unica all’interno della quale i passaggi sono esclusivamente di progressione economica, mentre per l’accesso dall’esterno s’individueranno specifici livelli diversificati per titolo di studio.
Il presidente dell’Aran nella scorsa riunione ha detto esplicitamente di non avere preclusioni verso alcuna soluzione presentata, confermando quindi, anche se implicitamente, che non ci sono impedimenti normativi alla proposta presentata dalla USB, come invece alcune organizzazioni sindacali continuano a sostenere senza tuttavia indicare quali sarebbero gli ostacoli di legge. Il sindacato di base delle Funzioni Centrali non ignora che l’attuale formulazione del D. Lgs. 165/2001, il Testo Unico del pubblico impiego, prevede che il personale della pubblica amministrazione, ad eccezione dei dirigenti, sia distribuito in almeno tre distinte aree e di questo si è fatto carico nella costruzione della propria complessiva proposta di nuovo sistema di classificazione. Tuttavia oggi la priorità è dare una soluzione al problema del mansionismo e da questo la USB non intende derogare.
Il presidente dell’Aran ha inoltre affermato che ad ogni lavoratore deve essere data la possibilità di percorrere l’intera carriera, aprendo una riflessione sui titoli di studio richiesti per i passaggi di area. Questo significa, ad avviso della USB, che si può tornare ad ipotizzare che in area III (area C) si può entrare con la laurea o con il diploma di secondo grado accompagnato da un certo numero di anni di servizio ed in area II (area B) con il diploma di primo grado più un’anzianità di servizio da concordare. Un’apertura importante, che tuttavia non risolve il problema del contingentamento dei passaggi operato per legge. Il presidente Naddeo ha riferito che l’Aran è disponibile a chiedere al governo alcune specifiche modifiche della normativa vigente.
Domani forse sarà presentata una prima proposta non troppo dettagliata per favorire l’avvio della discussione. La USB valuterà con attenzione l’eventuale documento dell’Aran e chiederà un serrato confronto per arrivare quanto prima ad una proposta concordata.
La USB ha già fatto sapere alle parti che compongono la Commissione sui sistemi di classificazione che intende affrontare anche il tema del finanziamento e dell’attribuzione delle posizioni organizzative e degli incarichi direttivi, ritenendo che tale onere debba essere messo a carico delle amministrazioni e non del Fondo della produttività e che i criteri selettivi debbano essere oggettivi e trasparenti, mentre oggi prevalgono logiche clientelari e discriminatorie.