La RdB Scrive alla funzione pubblica per la soluzione Politica dei problemi dei Giudiziari

Roma -

Al Dipartimento per la Funzione Pubblica

c.a. Capo Dipartimento

Dott. Antonio Naddeo

 

E, p.c. Al Direttore Ufficio Relazioni Sindacali

Dott. Eugenio Gallozzi

 

 

 

 

 

Voci sempre più insistenti riferiscono che codesto Dipartimento abbia grosse perplessità ad approvare e licenziare l’ipotesi di contratto integrativo del Ministero della Giustizia sottoscritto il 2 marzo 2010.

Anche la RdB P.I. ha respinto, non sottoscrivendo, l’ipotesi di accordo stralcio sicuramente con motivazioni completamente diverse da quelle della Funzione Pubblica, almeno stando alle indiscrezioni trapelate. Prima tra tutti è che questa O.S. da anni insiste sul passaggio generalizzato dei lavoratori dell’Organizzazione Giudiziaria, ad un livello giuridico ed economico superiore.

Purtroppo il nuovo ordinamento invece di accorpare figure professionali storicamente spalmate su più profili e su più aree, ha proceduto ad un’ulteriore frammentazione delle mansioni, con l’effetto di demansionare alcuni profili e sovraccaricarne altri. Così creando una sperequazione esagerata riconosciuta dalla stessa Amministrazione la quale però si trincera dietro l’impossibilità di poter fare di più e meglio. E’ come dire so che sto andando contro legge ma non posso fare altro.

Per meglio spiegare le ragioni che inducono questa O.S. ad insistere sulle specifiche rivendicazioni, fatte proprie dalla maggioranza dei lavoratori si fa un breve excursus storico su quanto avvenuto all’interno del Ministero della Giustizia nel corso di questi lunghi anni anche per fornire spunti di riflessione.

La giustizia ha un personale altamente professionale e qualificato tant’è che nel corso degli anni, e per effetto del blocco delle assunzioni, tutti sono stati costretti a svolgere mansioni superiori senza alcun riconoscimento. Questo fenomeno, del mansionismo, è la pratica quotidiana che riesce a mandare avanti gli Uffici Giudiziari. Ciononostante i lavoratori dell’Organizzazione Giudiziaria sono gli unici a non aver conseguito alcuna progressione di carriera (né giuridica né economica) sia rispetto ai colleghi degli altri dipartimenti della giustizia sia rispetto agli altri ministeri.

 

A tutto ciò si aggiungono le condizioni di lavoro che peggiorano con il passare degli anni:

 

gli organici hanno subito una drastica riduzione, dagli oltre 53.000 dipendenti del 1995 si è passati agli attuali 40.382;

i carichi di lavoro sono aumentati in maniera esponenziale, si è passati dagli oltre 5 milioni di processi civili e penali del 2001 agli attuali oltre 6 milioni;

nonostante la tanto sbandierata informatizzazione e le ingenti somme sperperate, le apparecchiature tecnologiche utilizzate sono obsolete e mal funzionanti;

 

 

il tanto pubblicizzato processo telematico raggiunge appena lo 0,04% degli uffici giudiziari;

il salario accessorio, oggetto di tagli e scorrerie del Tesoro, è inferiore ad altri ministeri e a quello di colleghi di altri dipartimenti, nonostante l’alta produttività del personale;

la mancata progressione di carriera ha arrecato un danno economico notevole nel corso degli ultimi 10 anni che si ripercuoterà sul futuro pensionistico creando una forte discriminazione rispetto agli altri lavoratori pubblici;

il previsto passaggio generalizzato al livello economico superiore di tutti i lavoratori non rende giustizia alle legittime aspettative di coloro che hanno diritto come gli altri ad un passaggio anche giuridico. La nuova ipotesi di contratto integrativo infatti non prevede alcun passaggio tra le aree ma solo lo spostamento nelle nuove e superiori fasce economiche di quei lavoratori inquadrati nei livelli apicali delle aree. Questa operazione non sarebbe stata possibile se il contratto integrativo fosse stato applicato, come doveva essere, nel 2000.

Le lotte intraprese negli ultimi mesi dai lavoratori sono sintomatiche di un malessere diffuso e non più contenibile in rapporto alle condizioni di lavoro, aggravate da riforme schizofreniche che nulla hanno a che vedere con la risoluzione dei tempi lunghi della giustizia. Paradossalmente ogni riforma contribuisce a creare ulteriori ostacoli e ritardi nell’espletamento del servizio.

La deroga all’ulteriore decurtazione del 10% del personale dei ministeri per la giustizia ci auguriamo sia un segnale che ci si stia rendendo conto che non è più possibile gestire così un servizio costituzionalmente garantito e che occorre un’inversione di rotta con investimenti in risorse economiche e di personale.

Alla luce delle recenti riforme sulla pubblica amministrazione per risolvere il problema dei lavoratori giudiziari è necessario un intervento politico. La RdB P.I. invita pertanto ,codesto Dipartimento a sensibilizzare tutti gli organi competenti sul tema.

La riforma della giustizia per essere efficace ed efficiente non può prescindere da nuove assunzioni, investimenti tecnologici e dal prevedere nuovi profili professionali necessari ad un’amministrazione che va verso la modernizzazione. Quelli previsti nella nuova ipotesi vanno in tutt’altra direzione: sanno di antico. La RdB P.I. in questa sede non può che ribadire, con coerenza e determinazione, ciò che da lunghissimi anni (per un certo periodo in piena solitudine) afferma: il passaggio giuridico ed economico di tutti i lavoratori dell’Organizzazione Giudiziaria che oggi può essere garantito solo attraverso un forte e serio impegno politico che fino ad oggi non è stato espresso da alcun governo fin qui succedutosi.

Questa O.S. resta a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento si renda necessario ai fini di rapida soluzione politica del problema.