LE INUTILI RIFORME DELLA GIUSTIZIA

In allegato un volantino, sulle inutili riforme della giustizia.

La inutile quanto dannosa riforma epocale della giustizia della quale si parla e sparla molto in questi giorni, non bastava; i furbetti del Parlamento non se ne stanno certo con le mani in mano per continuare a spolpare la “macchina” della giustizia ormai declassata al rango di una “vecchia bicicletta”.

Tralasciamo il fatto che la grande riforma al solito non prevede un euro per far funzionare i Tribunali, ma prevede come Mago Merlino che con la separazione delle carriere spariranno i fascicoli per chi sa quale miracolo.

Tralasciamo il fatto che il parlamento si occuperà per un paio di anni di questa inutile farsa mentre i Tribunali sono al collasso ed il personale delle cancellerie ridotto alla miseria con stipendi da fame.

Tralasciamo che il personale amministrativo è sempre meno ed i mezzi e gli strumenti messi a loro disposizione sono insufficienti ed obsoleti.

C’è di più: non solo diminuiscono gli stanziamenti in bilancio già ridotti a lumicino da circa dieci anni, e di questo non si parla, ma la nuova perla del parlamento è la legge sulla mediazione civile.

Legge che in alcuni suoi aspetti presenta dubbi di legittimità costituzionale tant’è che il TAR del Lazio con ordinanza del 12 aprile 2011 ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità di alcune norme del decreto legislativo.

Siamo alle solite non è la prima volta e purtroppo non sarà nemmeno l’ultima che una riforma della giustizia (basti pensare all’esperienza fallimentare del nuovo codice di procedura penale avvenuta nel 1989 smantellato dalla Corte Costituzionale e che il legislatore ha dovuto riscrivere in alcune parti importanti) risulta fallimentare al punto tale da allungare i tempi del processo piuttosto che ridurli.

Comunque proviamo a spiegare dal punto di vista di chi opera negli uffici giudiziari le ricadute di questa legge sul povero cittadino comune.

Con l’entrata in vigore il 21 marzo 2011 della mediazione civile si costringono i cittadini a rivolgersi al mediatore prima di poter adire il Giudice.

La mediazione è obbligatoria per alcune materie (dieci per la precisione per altre due il termine è slittato al 21 marzo 2012), ovviamente quelle che riguardano i poveri cristi (locazioni, successioni, alcuni risarcimenti danni, contratti bancari, diritti reali, risarcimento danni da responsabilità del medico) con pagamento obbligatorio di un balzello che va da 65,00 a 9.000,00 euro in proporzione al valore della causa.

Quindi il cittadino preliminarmente sottoporrà l’esame della controversia ad un “illustre?” mediatore, cui basta una laurea triennale, neanche obbligatoria, in Giurisprudenza ed un corso di 52 ore sulla mediazione. In pratica si affida la tutela dei diritti a dei “geni” o a degli “incompetenti”?.

Anche in questo caso, come sempre più spesso accade, occorre chiedersi cosa c’è dietro a tutto ciò. La risposta è semplice: i forti interessi economici poiché il mediatore nello svolgere la sua funzione viene pagato a cottimo, così come i Giudici di Pace. Con un’unica e sostanziale differenza la parcella al mediatore la paga il cittadino mentre al Giudice di Pace la paga lo Stato. Inoltre laddove il mediatore riterrà la causa particolarmente complicata – c’è da giurare che saranno tutte complicatissime - potrà aumentare il balzello fino ad un quinto.

Al primo appuntamento si versa la parte più cospicua del balzello: poco importa se poi non ci si mette d’accordo, infatti le somme versate saranno trattenute dal mediatore così come avviene nelle compravendite immobiliari dove le truffe sono sempre più frequenti.

Un’altra chicca: colui che decide per primo di adire la mediazione sceglie il mediatore, pensiamo a tutti gli enti e le assicurazioni che in “odore di causa” si cercano un “mediatore di fiducia” ovviamente e sicuramente vicino alla loro sede (es Milano) per il tentativo obbligatorio di conciliazione con l’assicurato di Trapani, che si dovrà sobbarcare anche le spese di viaggio perché ovviamente (piove sul bagnato) se non ci si presenta alla mediazione, è un comportamento valutabile come elemento di prova dal giudice nel seguente procedimento. Dopo il pagamento di questo pizzo ed un bel viaggio quasi sicuro, finalmente si potrà andare davanti al Giudice (quello vero ) ovviamente se l’utente non sarà troppo demoralizzato e se avrà ancora soldi da spendere.

Immaginare che tutto ciò comporterà un proliferare di scuole di specializzazione sulla mediazione è facile, se poi pensiamo che i mediatori cd. “pubblici” avranno le tariffe bloccate, mentre i cd. “privati” potranno strozzare a loro piacimento i poveri malcapitati cittadini il quadro è completo.

Ma non è finita qui in quanto questo scellerato istituto toglierà parecchi soldi all’ormai esangue Fondo Unico Giustizia con il quale (non ci dimentichiamo) si paga quel po’ che funziona.

Infatti i furbetti del Parlamento per incentivare il ricorso al “pizzo obbligatorio” concedono alle parti, in caso di conciliazione, un credito d’imposta fino a 500 euro, che sarà pagato indovinate un po’…?? Dal Fondo Unico Giustizia…!!!!

In pratica quel poco che confluisce nel FUG di spettanza della Giustizia piuttosto che essere usato per il funzionamento del servizio andrà nelle tasche di privati nelle cui mani mettiamo gran parte della giustizia civile.

La cosa avvilente è come al solito che l’assunzione di mille cancellieri sarebbe costata la metà di quanto ci costerà tutta questa messa in scena, sottolineando che sicuramente non avrebbero azzerato l’arretrato ma contribuito a ridurre i tempi del processo civile si.

Ma anche di questo non si deve parlare…. Nel frattempo la crisi della giustizia ha raggiunto livelli inaccettabili e rimane senza rimedi che siano credibili.

In questi giorni, infine, si discute tanto di un’ennesima legge per affossare anche il settore penale: il processo breve per una prescrizione breve. Un modo per salvare i potenti dall’unico ostacolo opponibile sulla strada del proprio profitto: la Giustizia. Di questo però parleremo in un prossimo documento.