Trasparenza e lealtà: due doti sconosciute al Ministero della Giustizia.

Roma -

Il Ministero della Giustizia dimostra quotidianamente l’assoluta mancanza di rispetto delle regole e dei principi di trasparenza e correttezza.

I fatti:

In data 04 febbraio 2010 l’Aran, sollecitando alcune modifiche, trasmette al Ministero della Giustizia il previsto parere sulla ipotesi di accordo di C.I. firmato il 15 - 21 dicembre 2009; in pari data il documento viene protocollato dalla nostra Amministrazione così come tutti i lavoratori hanno potuto o possono appurare dal documento consegnato.

Peccato che il 05 febbraio, in occasione dello sciopero, le OO.SS. ricevute dal Capo Dipartimento apprendono pubblicamente dallo stesso che l’ipotesi di stralcio del C.I. aveva superato, con parere favorevole, il controllo dell’Aran.

Il 22 febbraio, ben diciotto giorni dopo, il parere ARAN, rimasto chiuso nel frattempo dentro uno dei tanti cassetti?, viene comunicato ufficialmente dall’Amministrazione alle Organizzazioni Sindacali e al tempo stesso si fissava la data del 25 febbraio, poi rinviata al 2 marzo, per “la valutazione e la sottoscrizione” delle modifiche apportate al testo originario.

A questo punto una domanda sorge spontanea: come ha potuto il Capo Dipartimento affermare falsamente il 5 febbraio che l’accordo aveva ottenuto il “disco verde” dell’Aran quando invece già sapeva che erano stati mossi dei rilievi tant’è che la nota Aran conclude “…si rimane in attesa di conoscere le modifiche che verranno apportate al testo…” .

L’altra domanda che sorge spontanea cosa è avvenuto nei diciotto giorni in cui il parere Aran è rimasto ufficialmente segreto? Erano tutte le OO.SS. all’oscuro oppure le forze sindacali che spingono per la sottoscrizione ne erano già a conoscenza e ne avevano pure “concertato” le modifiche? Il dubbio è legittimo visto che le due sigle, nei giorni precedenti al 26 febbraio, sbandieravano ai quattro venti il loro assenso alle modifiche di cui non conoscevano o non avrebbero dovuto conoscerne il contenuto. Questo atteggiamento dimostra che CISL e UNSA sono sempre più vicini alle ragioni dell’Amministrazione e sempre più distanti dagli interessi dei lavoratori.

Riteniamo che il comportamento del Capo Dipartimento è inaccettabile da qualsiasi punto lo si voglia analizzare oltre a dimostrare, semmai ci fossero stati dubbi in proposito, il totale disinteresse dell’Amministrazione nei confronti dei lavoratori della Giustizia.

Così come crediamo che le due sigle sindacali, firmatarie del nuovo ordinamento professionale che saccheggia il FUA - introduce maggiore flessibilità e incertezza nelle mansioni, non possano non tenere conto della mortificazione e delle legittime aspettative di carriera dei lavoratori che reclamano un passaggio giuridico oltre che economico.

L’arroganza dimostrata e l’atteggiamento sprezzante delle regole tenuto dall’Amministrazione inducono la RdB P.I. e i lavoratori della Giustizia ad intensificare le lotte affinché il diritto sacro santo alla carriera diventi realtà.

Sappia l’Amministrazione che i lavoratori non demorderanno e la RdB P.I. neppure. La partecipazione massiccia alle prossime iniziative che saranno messe in campo lo dimostrerà.